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Mauro Pregliasco: ottant’anni di corse

Il pilota di Millesimo è nato l’11 dicembre 1944. Nel suo cammino il titolo italiano con la Stratos, gli anni con l’Alfetta, le corse con la Beta ma anche il dramma di Angelo Garzoglio.

C’è chi nasce con la passione per i motori scritta nel destino, e poi c’è chi la trova correndo dietro alle prime automobili viste nella sua infanzia. Questo è il caso di uno dei grandi protagonisti del rally italiano, cresciuto in un angolo remoto dell’Appennino Ligure e arrivato a competere tra i giganti del motorsport. La storia di una vita dedicata alla velocità e alle auto, fatta di sacrifici, determinazione e trionfi, ma anche di momenti difficili e drammatici.

Un’infanzia lontano dal mondo

Nato l’11 dicembre 1944 presso il Santuario della Madonna del Deserto, un piccolo borgo con una chiesa e tre case vicino a Millesimo, il protagonista di questa storia racconta come il suo amore per le auto sia nato quasi per caso: “Non c’era una strada che arrivava da noi, la costruirono solo in seguito. Quando avevo 7-8 anni ho visto le prime auto e sono subito rimasto affascinato. Correvo dietro a loro e rispondevo a tutti che da grande avrei fatto l’autista.”

Gli inizi nelle corse

Il primo contatto con il mondo delle competizioni avvenne grazie al fratello maggiore Giancarlo, che gli affidò il ruolo di navigatore. Poco dopo, acquistò una Fiat 850 Coupé e debuttò nella cronoscalata Castellarquato-Vernasca, classificandosi secondo di classe. Il primo successo arrivò presto: alla Savona-Cadibona, sotto la pioggia, trionfò con una Fiat 850 Coupé, attirando l’attenzione del dottor Luigi Tabaton, figura chiave nella sua carriera. “Nei rally feci il Monti Savonesi con una Fiat 128 piazzandomi dodicesimo assoluto. Alla quarta gara capottai e rimasi per diversi mesi senza macchina”.

L’ingresso nel mondo Lancia

Fu proprio Tabaton a portarlo nella scuderia Grifone e, in modo quasi improvvisato, iniziò la sua avventura con Lancia: “Una sera il dottor Ghiglino mi portò in Grifone: io, savonese, avevo quasi timore di andare in scuderia a Genova ma mi lasciai convincere. Appena entrato incontrai Luigi Tabaton che si ricordò di me per avermi visto a Cadibona: mi propose di correre per loro perché avevano una macchina libera ed il pilota era in viaggio di nozze. Gli chiesi: quando? E lui: Domani! La gara era nel week end, si trattava della salita Coppa Colline e Pistoia. All’una di notte mi diede una Fulvia HF 1.6, tornai a Millesimo per prendere tuta e casco, dormii poche ore e ripartii per la Toscana. Arrivai tardi, provai il percorso di notte ed al mattino vinsi la gara. Ricordo che quando lo dissi al “dottore” al telefono quasi non ci voleva credere. Il martedì successivo mi presentò ad Alessandro Fiorio. Dal 1970, con una Fulvia preparata da Claudio Maglioli, iniziò a vincere gare su gare. Nel 1973, gareggiò a tempo pieno nei rally, piazzandosi terzo al Rally di San Martino di Castrozza dietro Munari e Ballestrieri. La sua carriera crebbe rapidamente, attraversando il passaggio alla Beta Coupé e, successivamente, alla leggendaria Stratos. “Nei primi due anni ero solo spesato, a partire dal 1972 fui stipendiato, sei milioni all’anno. In quella stagione vinsi il Campionato italiano rallycross. Diventai pilota ufficiale a 28 anni ma, del resto, a quell’epoca prima dei venti non iniziavi a correre”.

Il dramma del 1976 e il ritorno al successo

Nonostante i trionfi, la carriera di un pilota è spesso segnata da momenti difficili. Nel 1976, durante il Valli Piacentine, un grave incidente causò la morte del navigatore Angelo Garzoglio e lasciò il pilota con ustioni gravi. Dopo un anno di stop, nel 1977, tornò a correre, vincendo il titolo italiano con la Stratos e conquistando vittorie memorabili ma vivendo anche una grande delusione al Sanremo: “ero in testa quando si ruppe un uniball: persi 12’ e finii quarto”.

La fine di un’era e l’inizio con Alfa Romeo

La riorganizzazione del gruppo Fiat-Lancia nel 1977 segnò la fine del rapporto con Lancia. Tuttavia, grazie all’ingegner Carlo Chiti, iniziò una nuova fase con Alfa Romeo: “Mi proposero di correre e accettai subito. Mi pagarono il doppio rispetto a Lancia. Fu un periodo di grande maturità, dove imparai a gestire meglio la mia carriera.”

Con Alfa Romeo, si distinse soprattutto con l’Alfetta GT con cui nel 1977 vinse il titolo italiano di Gruppo 2 e successivamente con la Turbodelta, un’auto su cui puntò fortemente ma che non mantenne fede alle promesse anche perchè l’Autodelta in quel periodo era concentrata sulla Formula 1. L’addio ai rally da parte della casa milanese alla fine della stagione 1980 fu la decisione ovvia.

Gli anni successivi e l’ultima fase

Negli anni successivi, continuò a gareggiare con la Ford Escort XR2 e successivamente con la Lancia 037 della Tre Gazzelle, chiudendo la carriera come pilota ufficiale e fondando nel 1987 la sua scuderia, l’Astra diventata il punto di riferimento per chi voleva correre e preparare le Delta Gruppo A.

Un uomo di passione e valori

Pregliasco, ha saputo trasformare una passione infantile in una grande carriera, curando anche gli aspetti commerciali e relazionali del motorsport. “All’inizio volevo diventare un grande campione. Poi ho capito che essere un pilota professionista significava anche guadagnare e costruire qualcosa di solido.” La sua storia dimostra che la dedizione, unita al talento, può trasformare i sogni in realtà, anche partendo da un piccolo villaggio senza strade.