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Renzo Avidano, una vita per l’Abarth

Sei anni fa se ne andava il Direttore sportivo della casa dello Scorpione. Ua carriera interamente dedicata all’azienda fondata da “Herr Karl” di cui prese il posto quando venne rilevata dalla Fiat.

Il 5 dicembre di sei anni fa, nel 2018, se ne andava Renzo, Lorenzo all’anagrafe, Avidano. Per tante stagioni è stato il Direttore sportivo Abarth e braccio destro di Karl Abarth prima di passare al Gruppo Fiat quando lo Scorpione fu venduto e prima ancora di fondare nel 1982 la Nova progetti, società di consulenze nel settore automobilistico, assieme a Mario Colucci, ex Direttore tecnico dell’Abarth.

Renzo Avidano è stato l’anima dell’Abarth, l’organizzatore della logistica del reparto corse, l’uomo che prese il posto del fondatore quando l’imprenditore d’origine austriaca cedette la sua azienda alla Fiat nel 1971. “Ho cominciato a lavorare in Abarth il 1° luglio del 1949 – ricordava Avidano – dopo aver collaborato con Carlo Abarth alla Cisitalia. Poi lui rilevò tutto il materiale per le corse e si mise in proprio. Avevamo una bella squadra piloti in Cisitalia, c’era anche Tazio Nuvolari. All’inizio Avidano è responsabile della parte commerciale dell’azienda poi torna ad occuparsi di logistica nel reparto corse. Quando Abarth ebbe l’intuizione di puntare sull’elaborazione delle vetture stradali Avidano lo assecondò: “Carlo ebbe la grande idea di elaborare la 500, nel 1957, con la quale fece il record di durata a Monza, girando per sette giorni consecutivi a 108 km/h di media“.

È stato il collaboratore più vicino di Carlo Abarth, tanti i ricordi di una vita passata insieme: “Decise di sottoporre ad un test il motore della 500 appena ultimato dal quale era riuscito a tirar fuori quasi 26 cavalli! Era una mattina di gennaio del 1958. Chiamò nel suo ufficio me e Cornelio Maffiodo per chiederci di organizzare subito un record di durata a Monza. Noi facemmo notare che la vettura montava la scocca di serie in quanto quella da record commissionata a Pininfarina non era pronta. Non volle sentire ragioni, lui voleva quel record. Il 13 febbraio partimmo per Monza. Aveva preparato tutto in gran segreto e ancora una volta ebbe ragione. Con Mario Poltronieri, Remo Cattini, Armando Giuberti, Marino Guarnirei, Corrado Manfredini e Bernard Cahier la vettura riuscì a totalizzare ben sei nuovi record nonostante un tempo inclemente. Un risultato che contribuì ad amplificare la considerazione di Fiat nei confronti di quello che fino a quel momento era giudicato come un buon elaboratore“.

Tanti gli episodi che si potrebbero raccontare ma Avidano ne sceglieva uno in particolare: “Al Nürburgring facemmo man bassa di risultati. Alla premiazione chiamarono Abarth sul palco consegnandogli un riconoscimento. Subito dopo chiamarono anche me consegnandomi la stessa cosa. Arrivando in albergo il portiere si mise sull’attenti facendo un saluto militare che mi lasciò di stucco. Appresi dopo che quel riconoscimento era una onorificenza nazionale. Ritornando in Italia chiesi ad Abarth il perché avessero dato anche a me quel premio. Lui mi rispose:“mi hanno telefonato due mesi fa per avvertirmi di questa consegna. Ho detto loro che avrei accettato se la davano anche a voi. Ne seguì una delle sue solite morali su quanto è importante avere dei collaboratori per ottenere risultati. Il suo carisma era ineguagliabile“.

In Abarth avevano dei bei piloti: Merzario, Oertner, Herrmann, Baghetti, Schetty… “A un certo punto Abarth propose a Peter Schetty di rilevare la squadra corse. Arrivarono fino nello studio dell’avvocato ma il pilota svizzero non ebbe il coraggio di firmare e tutto finì lì. Chissà, forse se avesse firmato le cose avrebbero preso un’altra piega. Poi Schetty fu ingaggiato dalla Ferrari e ce lo ritrovammo nelle corse in salita dall’altra parte della barricata. La nostra intensa attività sportiva è durata una quindicina d’anni“.

La situazione cambia sul finire degli Anni ’60: “La Fiat aveva manifestato un interesse per i rally e aveva impiantato un’officina dove venivano preparate le auto per questa specialità, in corso Giulio Cesare a Torino. All’improvviso, nel 1969, la Casa torinese denuncia il contratto di collaborazione con Abarth e gli lascia tre anni di tempo per decidere. In sostanza si erano resi conto che l’accordo comportava una spesa tale che con una somma di poco superiore si poteva rilevare tutta l’Abarth. Carlo mi disse di scrivere ad Umberto Agnelli ma non ci fu nulla da fare. Nel 1971, quando ancora si producevano le marmitte, il reparto rally della Fiat entrò nella nostra officina. Fortunatamente, nessun dipendente perse il posto di lavoro. Avevamo una specializzazione ormai elevatissima nella lavorazione dei materiali: facevamo da 80 a 90 alberi a gomiti al giorno per la Autobianchi A112 Abarth“.

Alla fine dell’estate del 1971 inizia una nuova carriera: “Ricordo lo sgomento degli operai quando tornarono dalle ferie e si trovarono senza il materiale per le corse. Aveva rilevato tutto Enzo Osella, che da qualche anno lavorava con Abarth. Osella riuscì a comprare a prezzo di favore tutto il reparto corse, credo anche che ottenne di pagarlo a rate. Mi stavo chiedendo che ne sarebbe stato di me, quando Abarth mi mandò a chiamare e mi disse di aver annunciato alla Fiat che Avidano era l’unico che poteva mandare avanti la struttura. E così mi sono ritrovato direttore generale dell’Abarth Spa“. Una stagione il “dottor Renzo” ha seguito anche i rally mondiali, con la squadra corse Fiat: “il direttore sportivo era Gianfranco Silecchia, che guidava come un pazzo. Ero quasi sempre in macchina con lui e ricordo che mi sono preso tanti di quegli spaventi…“.Nel 1981 arriva la meritata pensione ma Avidano non molla e diventa consulente della Osella, all’epoca anche team di F1, ed in seguito, come detto, con Mario Colucci fonda la Nova progetti con cui lavorerà ancora alcuni anni.