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Brian Redman, una leggenda dell’endurance

Non è mai riuscito a vincere a Le Mans ma il suo palmarès comprende tutte le altre più importanti corse di durata.

Nel panorama dell’automobilismo mondiale, la scuola anglosassone dei decenni scorsi ha regalato una serie impressionante di fuoriclasse. Se in Formula 1 i nomi di Jim Clark, Graham Hill e Jackie Stewart risuonano come icone, nelle gare di durata la lista è altrettanto stellare: Vic Elford, John Fitzpatrick, Ken Miles, Derek Bell e Brian Redman. Quest’ultimo, pur avendo partecipato a una dozzina di Gran Premi di Formula 1, si è consacrato come una leggenda delle competizioni di durata, collezionando successi in tutto il mondo, pur senza riuscire mai a vincere la 24 Ore di Le Mans, il grande rammarico della sua carriera.

Con tre vittorie alla 24 Ore di Daytona, due alla 12 Ore di Sebring, altrettante alla 1000 Km del Nürburgring e di Monza, quattro alla 1000 Km di Spa e una trionfale Targa Florio, il suo palmarès è semplicemente straordinario.

Gli inizi e la scalata

Brian Herman Thomas Redman nacque il 9 marzo 1937 a Burnley, nel Lancashire. Come molti piloti della sua generazione, iniziò la sua carriera nel motorsport gareggiando alla fine degli anni ’50 con una Morris Minor. Successivamente, si mise in luce con una Jaguar XK120 e una Morgan +4, vincendo più volte la propria classe nelle competizioni britanniche. Fu con il team Red Rose, però, che arrivò una svolta importante: nel 1965, al volante di una Jaguar E-Type, conquistò numerose vittorie, affermandosi come un talento emergente.

Nel 1966 arrivò il debutto nel Campionato Mondiale Marche con una Ford GT40, affiancando Richard Bond alla 1000 Km di Monza, dove si piazzarono noni. A Spa, in coppia con Peter Sutcliffe, conquistò un quarto posto. L’anno successivo, sempre con Sutcliffe e la GT40, ottenne un sesto posto a Spa. Tuttavia, il suo primo tentativo alla 24 Ore di Le Mans nel 1967 si concluse con un ritiro drammatico: un incendio alla vettura provocò gravi ustioni al compagno di squadra Mike Salmon.

L’ascesa con John Wyer

A fine 1967, Redman fu contattato da John Wyer per correre con Jackie Ickx su una Mirage M1 alla 9 Ore di Kyalami, gara che vinsero. Questo successo gli valse un contratto per il 1968, anno in cui si divise tra le competizioni endurance e la Formula 1, dove debuttò con una Cooper al Gran Premio del Sudafrica. Nonostante il ritiro per una perdita d’olio, il suo talento attirò l’attenzione.

Con la Ford GT40 della JW Automotive, Redman vinse la 6 Ore di Brands Hatch e la 1000 Km di Spa. In quell’anno, la Ferrari gli offrì una Dino 166 per la Formula 2. Durante una gara al Nürburgring, una pietra frantumò i suoi occhiali e lo ferì a un occhio, ma Redman, con determinazione incredibile, tornò ai box e concluse quarto. La Ferrari gli propose un contratto per la F1 nel 1969, ma Redman rifiutò, dichiarando che correre per loro sarebbe stato troppo rischioso.

Nel 1969, durante il GP del Belgio a Spa, Redman fu vittima di un gravissimo incidente: la sua vettura scavalcò le barriere e il pilota riportò gravi fratture al braccio destro. Nonostante la gravità dell’incidente, tornò in pista, ma decise di concentrarsi principalmente sulle gare di durata.

L’era Porsche e i grandi successi endurance

Nel 1969, Redman entrò nel team ufficiale Porsche, dove formò una coppia vincente con Jo Siffert. Insieme, trionfarono in cinque gare con la Porsche 908/02: le 1000 Km del Nürburgring, Monza e Spa, oltre alla 6 Ore di Watkins Glen e Brands Hatch. Nel 1970, con la leggendaria Porsche 917, fu protagonista di numerosi successi, anche se a Daytona dovette accontentarsi del secondo posto.

La Targa Florio del 1970 fu un’altra pietra miliare della sua carriera. Al volante di una Porsche 908/03, in coppia con Siffert, Redman superò il grande Nino Vaccarella, vincendo una delle gare più difficili e prestigiose al mondo.

Incidenti, ritiri e ritorni

Redman era noto per la sua straordinaria resilienza, ma anche per una serie di incidenti che misero a dura prova il suo fisico e la sua carriera. Nel 1971, alla Targa Florio, lo sterzo della sua vettura cedette, causando un incidente che lo lasciò gravemente ustionato. Nonostante le ferite, tornò in gara solo quattro settimane dopo.

Nel 1973, con la Ferrari 312 PB, Redman collezionò altre vittorie prestigiose, tra cui le 1000 Km di Spa e del Nürburgring. Tuttavia, la sua carriera subì un altro brusco stop nel 1977, quando, durante un test di F5000, un terribile incidente lo lasciò con fratture multiple e lo costrinse a un lungo periodo di riabilitazione.

Gli ultimi anni di carriera

Nonostante tutto, Redman tornò in grande stile, vincendo la 12 Ore di Sebring nel 1978 con una Porsche 935. Negli anni successivi, alternò le sue partecipazioni tra il campionato IMSA e le competizioni europee, vincendo il campionato IMSA GT nel 1981. Corse fino al 1989, concludendo la sua carriera con l’Aston Martin.

Oggi, Brian Redman è ricordato come uno dei piloti più versatili e coraggiosi della sua epoca, capace di dominare su qualsiasi tipo di vettura e circuito. Nonostante i numerosi incidenti, il suo amore per le corse lo spinse sempre a tornare in pista, dimostrando una determinazione e una passione che ispirano ancora oggi. Una vera leggenda dell’automobilismo, che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia delle competizioni.