Cinquant’anni di Citroën CX, l’astronave
Nel 1974 debuttò la vettura francese che impressionò per le sue soluzioni d’avanguardia e per la raffinata aerodinamica.
Nel settembre del 1974, cinquant’anni fa, trenta Citroën CX si presentarono al mondo percorrendo in parata gli Champs Elysées. Qualche giorno dopo la nuova berlina della casa francese avrebbe fatto il suo debutto ufficiale al Salone dell’Auto di Parigi. Un nome, CX, non casuale: è la sigla del coefficiente di penetrazione nell’aria e ben si addice alla forma aerodinamica della nuova Citroën, opera di Robert Opron, direttore del centro stile, e del suo gruppo di lavoro.

All’epoca – a metà degli anni ’70 – la CX colpì per la sua estrema modernità: la plancia aveva qualcosa di fantascientifico, così come il cruscotto. Il merito era di Michel Harmand, progettista del centro stile Citroën di Velizy, a cui si devono anche gli interni della GS e della SM. Harmand per la prima volta sviluppa il concetto dei satelliti, ovvero due blocchi di comandi (frecce, luci e comando dei tergicristalli) integrati nella parte superiore della plancia che si possono azionare senza staccare le mani dal volante per aumentare la sicurezza di guida.

I pannelli interni delle portiere sono in materiale termoformato, con spessori diversificati per attutire al meglio gli urti, ricoperti con vinile intonato al cruscotto: inizialmente i colori sono i classici marrone o blu, poi arrivano anche nero, verde ed il rosso intenso pensato come contrasto del nero della carrozzerie delle vetture destinati a funzionari e manager.

Anche dal punto di vista tecnico la CX presentava alcune novità. Per ridurre le vibrazioni, la carrozzeria era stata fissata al telaio per mezzo di blocchi elastici. Telaio che era formato da due elementi, uno anteriore per motore ed avantreno ed uno posteriore per serbatoio e bracci della sospensione, uniti tramite due longheroni deformabili in caso d’urto.

I motori erano quelli già visti sulla DS: quello di 2.000 cc e quello di 2.200 cc a carburatore, montati trasversalmente e ruotati in avanti. Inizialmente il Centro Studi pensava ad un motore V6, mentre alla Comotor (l’azienda voluta da Citroën ed NSU per sviluppare motori rotativi a ciclo Wankel) si lavorava ad un bi e trirotore capace di avvicinare le prestazioni del V6 Maserati della SM. Lo scarso successo della GS Birotor a motore Wankel, soprattutto per i consumi e per problemi di affidabilità, ed i consistenti investimenti fatti per la produzione della CX, portarono Citroën quasi in bancarotta. I progetti vennero quindi ridimensionati e si decise di recuperare i motori della DS.

La CX offriva un servosterzo eccezionale (il Di.Ra.Vi., fino a quel momento appannaggio della SM) e che offriva un buon controllo della direzionalità a cui si univa la stabilità dovuta alle sospensioni idropneumatiche, derivate da quelle della GS.
Tra il 1974 ed il 1975 la situazione finanziaria del gruppo Citroën divenne drammatica e quindi con l’appoggio del governo francese intervenne Peugeot dando vita al gruppo PSA. Tra le prime iniziative ci fu il ridimensionamento della gamma con la fine della produzione della SM e della DS. Era chiaro che sarebbe toccato alla CX rimpiazzare la gamma alta della DS. Per prima cosa nacque il modello Break, ovvero la station wagon, più grande della DS Break, che ebbe un successo immediato. Al posto delle lussuose DS Pallas arriva la CX Pallas.
La crisi petrolifera del periodo incentivò l’uso di motori a gasolio. Citroën rispose alle richieste del mercato con la CX Diesel che monta il motore di 2.200 cc della DS con testata speciale per il ciclo a gasolio. Ha solo 66 cavalli ma grazie all’aerodinamica riusciva a viaggiare ad oltre 145 km all’ora. Nel 1978 la cilindrata salì a 2,5 litri e la potenza raggiunse i 75 cavalli con una velocità massima di 156 km/h. La CX Diesel nel 1984 montò il turbocompressore che fece salire i cavalli a quota 95 e la velocità a quasi 175 km orari. Nel 1987 al turbocompressore fu abbinato uno scambiatore di calore che portò la potenza a 120 cavalli e la velocità a quasi 200 km/h.
Nel 1985 apparve la CX25 GTi Turbo: la cilindrata del motore della DS fu portata a due litri e mezzo allungando la corsa dei pistoni e l’utilizzo del turbocompressore garantì 170 cavalli capaci di far volare la vettura a 220 km/h.
Qualche mese dopo l’apparizione della versione sportiva, Citroën operò un profondo restyling della CX ad opera del centro di Velizy diretto da Carl Olsen. Sebbene la forma fosse la stessa, tutto il resto era nuovo, in particolare l’interno che adesso era meno fantascientifico.
Nonostante il restyling, le vendite della CX, apparsa ormai dieci anni prima, non crebbero e quindi la sua fine era praticamente segnata. Nel 1989 apparve la sua erede, la nuova XM, che offriva uno spazio interno nettamente maggiore e motori interessanti e moderni. La CX Break sopravvisse due anni alla versione berlina: le ultime CX Break furono prodotte nel 1991.
Immagini: Citroën Communication