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Quando Citroen illuminò la Tour Eiffel

Per dieci anni, dal 1924 al 1934, il nome della casa automobilistica campeggiò sul moumento parigino grazie al lavoro di un intraprendente fiorentino.

Il 12 settembre 1877, a Firenze, nel Regno d’Italia, nacque Fernando Jacopozzi. Sebbene manchi di poco il far parte del Granducato di Toscana, la sua vita sarà legata indissolubilmente alla Francia e, in particolare, a Parigi. Trasferitosi nella capitale francese poco prima dei vent’anni in cerca di fortuna, Fernando si trasformerà in Fernand Jacopozzi, “le magicien de la Lumière”, lasciando un’impronta indelebile nella storia della Ville Lumière.

L’idea luminosa che cambiò tutto

Autodidatta e dotato di un’inventiva straordinaria, Jacopozzi trovò lavoro in un atelier di decorazioni. Durante i preparativi natalizi, ebbe un’idea rivoluzionaria: sostituire la porporina nelle bocce di vetro con lampadine, per far brillare le vetrine con una luce vera. Nonostante lo scetticismo dei suoi datori di lavoro, a cui fu concesso solo un piccolo spazio in vetrina, l’esperimento riscosse un successo clamoroso. Questo successo lo spinse ad aprire un proprio laboratorio, specializzato in decorazioni e ghirlande luminose.

La sua maestria lo portò presto a illuminare i luoghi più iconici di Parigi: l’Opera, gli Champs-Elysées, l’Arco di Trionfo, la Colonna di Place Vendôme e la cattedrale di Notre Dame. In breve, Jacopozzi diventò una figura centrale nel panorama artistico e tecnologico della capitale.

Un incontro tra geni: Jacopozzi e Citroën

Nel 1914, con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il Ministero della Guerra francese richiamò al fronte industriali e personalità influenti per assegnare loro incarichi strategici. Tra questi c’era il giovane André Citroën, già noto per il suo spirito innovativo, e Fernando Jacopozzi, a cui venne affidato un compito segreto che gli avrebbe valso la Legion d’Onore.

Parigi era sotto la minaccia dei bombardamenti degli Zeppelin tedeschi. Per ingannare i dirigibili nemici, Jacopozzi fu incaricato di ricreare con le sue luci un falso paesaggio urbano nella foresta di Fontainebleau. La strategia si rivelò efficace, contribuendo a proteggere la città. Fu in questa occasione che Jacopozzi e Citroën si conobbero, promettendosi di collaborare in futuro.

Dalla guerra al sogno di illuminare la Tour Eiffel

Terminata la guerra, Jacopozzi tornò a dedicarsi alle sue straordinarie illuminazioni. Nel frattempo, André Citroën si era imposto come uno dei principali industriali del settore automobilistico, rivoluzionando la produzione con l’introduzione della catena di montaggio in Europa.

Jacopozzi, alla ricerca di un partner audace per realizzare un progetto ambizioso, si rivolse a Citroën: illuminare la Tour Eiffel con il nome della casa automobilistica, creando la più grande insegna luminosa del mondo. Il progetto prevedeva l’utilizzo di 200.000 lampadine, 100 chilometri di cavi e una centrale elettrica alimentata dalle acque della Senna.

Sebbene inizialmente riluttante a causa dei costi elevati, Citroën non poteva resistere all’idea di vedere il suo nome brillare sulla Torre simbolo di Parigi. Firmò l’accordo con Jacopozzi, concedendogli carta bianca.

L’accensione della Torre: un evento storico

Il 4 luglio 1924, la Tour Eiffel si accese con il nome Citroën in lettere luminose alte trenta metri su tutti e quattro i lati. L’evento fu celebrato con grande entusiasmo. Non è chiaro dove si trovasse Citroën al momento dell’accensione: alcune fonti lo collocano su un Bateau-Mouche sulla Senna, altre sull’Esplanade du Trocadéro, ma una cosa è certa: aveva tra le mani un calice di champagne per brindare a quel momento storico.

L’illuminazione della Torre Eiffel non solo divenne un simbolo della modernità, ma anche un punto di riferimento per Parigi. Fu persino utilizzata come guida per il leggendario volo transatlantico di Charles Lindbergh da New York a Parigi nel 1927. Le luci rimasero accese fino al 1934, rappresentando un’icona di bellezza e innovazione.

Un lascito luminoso

Se Parigi è conosciuta come la Ville Lumière, il merito va anche a Fernando Jacopozzi. La sua genialità e il suo spirito pionieristico hanno trasformato la capitale francese in un palcoscenico di spettacoli luminosi senza precedenti. Jacopozzi non fu solo un maestro di tecnologia, ma anche un visionario che seppe fondere arte e innovazione. Oggi, il suo nome merita di essere ricordato come uno dei grandi artefici della modernità parigina, un italiano che con le sue idee brillanti illuminò non solo una città, ma un’intera epoca.